L’esperienza dell’oltre in Rainer Maria Rilke e Michail Bulgakov


Chi ama sente che l’anima amata va aiutata nel suo transito dei “portals of dust”. Per questo gli antichi celebravano i riti catartici del fuoco o corrompevano i custodi dell’Ade con monete poste nelle sepolture, a significare l’obolo tributato a Caronte. Ed è anche per questo che, ancora oggi, i poeti lasciano correre il loro càlamo nell’evocare vulneranti ritratti d’estinti, particolarmente presenti nella vivezza dello strappo, oppure lumeggiano un paradeisos di luminosa pace come consolante punto d’approdo del più faticoso status viatoris. Elena Bugini legge le traduzioni italiane de L’esperienza della morte di Rilke (Castelvetro Piacentino, agosto 2015) e di uno dei passi conclusivi de Il Maestro e Margherita di Bulgakov (Cremona, settembre 2016). Della pagina di Bulgakov è proposta anche una versione dove la voce modula le parole sopra la melodia dell’Improvviso per viola sola di Paolo Bottini (settembre 2010), interpretato da Alfredo Zamarra (agosto 2016). La doppia lettura di Bulgakov è dedicata a Ros.


Per quel varco che tu ti apristi (Vero verde è il verde)

Ascolta la quiete (versione prima)

Ascolta la quiete (versione seconda)




Letture rilkiane


Le tracce a seguire propongono alcune interpretazioni de Die Sonette an Orpheus di Rainer Maria Rilke: Elena Bugini ne legge la traduzione italiana di Giacomo Cacciapaglia mentre Paolo Bottini improvvisa al pianoforte sulle suggestioni fornite da tali letture. Si propongono, nell’ordine, i sonetti: II, XII (Wolle die Wandlung), II, XIII (Sei allem Abschied voran), II, XXV (Schon, horch, hörst), I, XV (Wartet), II, XXVI (Wie ergreift uns der Vogelschrei), II, XVIII (Tänzerin), I, XXI (Frühling ist wiedergekommen), I, XXV (Dich aber will ich nun), I, XIII (Voller Apfel), II, XVI (Immer wieder von uns aufgerissen), I, XIV (Wir gehen um mit Blume), I, V (Errichtet keinen Denkstein), II, XXVIII (O komm und geh), I,II (Und fast ein Mädchen), II, VI (Rose), I, XIX (Wandelt sich rasch auch die Welt), II, XXIX (Stiller Freund) e I, XXII (Wir sind die Treibenden).

Rispetto ai Sonetti a Orfeo, costituiscono letture ed interpretazioni musicali a parte quelle occasionate dalla versione rilkiana del mito di Alkestis (a partire dalla traduzione italiana di Maria Grazia Ciani) e da Komm du, du letzter, poesia scritta da Rilke sul letto di morte (qui sempre nella traduzione di Giacomo Cacciapaglia).

Le tracce sono state registrate a Castelvetro Piacentino un pomeriggio del mese di novembre del 2014 con pianoforte (scordato!) Yamaha modello C3.

Alcesti [testo - musica]
Ama la mutazione [testo - musica]
Anticipa [testo - musica]
Ascolta [testo]
Aspettate [testo - musica]
Come ci turba [testo - musica]
Danzatrice [testo]
La primavera [testo]
Ma ora [testo - musica]
Mela rotonda [testo]
Noi torniamo [testo]
Noi viviamo [testo]
Non innalzate [testo - musica]
O vieni [testo - musica]
Quasi una fanciulla [testo]
Rosa [testo]
Se anche [testo - musica]
Tacito amico [testo - musica]
Un moto [testo]
Vieni tu [testo - musica]



 

Liriche sacre di David Maria Turoldo

 

Le liriche di queste tracce, registrate tra giugno e agosto 2015, sono tratte dalle Ultime poesie (1991-1992) del poeta friulano.

In Ma non una spina, l’interpretazione di Elena Bugini si intreccia alla meditazione in musica di Paolo Bottini sul tema del dolore di Dio e del dolore degli uomini (improvvisazioni sull’organo Fratelli Lingiardi 1865 di Croce Santo Spirito). 

Ma non una spina (di David Maria Turoldo)
E dunque
Ma ora passi il serafino
Mai la mia cella 




La femminilità panica di Matilde nei Cento sonetti di Pablo Neruda


Elena Bugini legge nove dei Cento sonetti di Pablo Neruda che maggiormente valorizzano la trasfigurazione della “donna amata” nella “terra madre” e viceversa. I sonetti sono: XVI, L, XV, XL, XXX, XIII, XXVII, XVIII, LXXXIX (luglio 2015).

Cuando yo muera è il LXXXIX dei Cien sonetos de amor che Neruda dedica alla sua amata Matilde Urrutia. Elena Bugini legge i quattordici versi nella traduzione italiana di Giuseppe Bellini contrappuntata da improvvisazioni di Paolo Bottini all’organo Lingiardi di Croce Santo Spirito (giugno 2015).

 
Amo il pezzo di terra
Cotapos
Da molto tempo
Era verde
Hai dell'arcipelago
La luce
Nuda sei semplice
Per le montagne
Quando morirò
Le tue mani




A Giulia: lettera di Massimo Recalcati

 

Tra le pagina de L'ora di lezione, Recalcati incastona il gioiello di una lettera rievocativa del "primo incontro, quello dove ne va dell'esistenza". La lettura è dedicata a Luca Scacchetti, in memoriam (luglio 2015).

 

A Giulia




Cristina Campo, poetessa e traduttrice

 

Delle tracce a seguire, solo Ti riconoscerò dall'immortale silenzio è componimento originale della Campo. Il sogno e Sonetto XIV sono invece traduzioni da John Donne, mentre Aprile è il più crudele dei mesi, come noto, prende le mosse dall'inizio di The waste land di Thomas Stearns Eliot (luglio 2015).

 

Aprile
Il sogno
Sonetto XIV
Ti riconoscerò



 

Omaggio ad Omero: Odisseo e Nausicaa

 

Tra il libro VI e il libro VIII dell'Odissea si consuma l'incontro, fugace quanto bruciante, della freschissima principessa dei Feaci e del maturo, sofferto Ulisse. Elena Bugini interpreta la captatio benevolentiæ di Odisseo nel momento del primo incontro (libro VI) e il reciproco augurio dei due nel momento del congedo (libro VIII). La traduzione dal greco è di Rosa Calzecchi Onesti (luglio 2015).

 

Odissea libro VI
Odissea libro VIII




Dopo il silenzio


Non per tutti i cultori della lettura e della scrittura poetica il verso è il felice esito di un esercizio quotidiano. C’è, viceversa, chi riesce a scrivere (e deve farlo) perché, passeggiando per via, dopo tanto silenzio, un’immagine lo colpisce all’improvviso e, quindi trasmutata in suono, comincia ad inseguirlo come una persecuzione. Fintanto che non lo possiede tormentosamente, occasionando una concatenazione di pensieri che, distillati in parole ricercate e finalmente fermate nere sul foglio bianco, segnano il momento miracoloso del ritorno alla creatività. Creatività messa a tacere dal troppo esercizio della ragione; e/o dagli strappi difficilmente metabolizzabili della malattia e della morte.

Scritte e recitate da Elena Bugini, le poesie di questa sezione attestano l’incipit di una lungamente silenziosa elaborazione del lutto, seguita dall’inatteso prodigio del risveglio poetico (2018-20). Sipario e sottofondo musicale della seconda versione di Voce del verbo morire sono opera di Paolo Bottini, che improvvisa all’organo Serassi della basilica di Santa Maria di Campagna a Piacenza sul tema assegnato d’un pianto infantile (luglio 2020).


Voce del verbo morire (versione prima) 

Voce del verbo morire (versione seconda) 

Profumo azzurro 

La tentazione della morte  




Estate 2021

Tempo di meditare sul covid-19, mentre il virus dà un po’ di tregua, attraverso le pagine di Manzoni (Promessi Sposi, cap. XXXIV) e Camus (La peste, conclusione) che parlano di pandemie. 

Tempo di trovare il tempo consacrato ad omaggiare Dante nel settimo centenario della sua morte (i commenti musicali al registro sublime di Paradiso, canto XXXII, e allo spirito faceto delle Petrose sono a cura di Paolo Bottini). 

Tempo di sterminate letture e riletture: Puškin citato ne L’idiota di Dostoevskij; La sera fiesolana di D’Annunzio, portato alla ribalta dei ricordi dal magistrale Sergio Castellitto interprete de Il cattivo poeta (il tutto commentato dalle improvvisazioni di Paolo Bottini all’organo Pacifico Inzoli op. 28, 1881, della parrocchiale di San Giovanni Battista di Castelvetro Piacentino). 

Tempo di ritrovare e combinare il ritmo giovane di versi (Elena Bugini, Schizzo castelvetrano, 2012) e di musiche (Paolo Bottini, In un volo di rondini, 2019) rimasti lungamente nella rispettiva solitudine di un cassetto.


La madre di Cecilia

Bilancio di una pestilenza

Il sorriso di Beatrice

Canzone petrosa

Ricordo l’attimo stupendo


La sera fiesolana

Rondinelle



Voci nel silenzio


La scrittura è primavera imprevedibile e fragile: per sciogliere la brina d’un annoso inverno cardiaco, non son bastate le fiamme impietose dell’estate 2022. Nel silenzio del seme che non matura, permane però il miracolo dell’ascolto. Fruscia comunque il vento che trasporta pollini nuovi. E rimangono vivi il desiderio di leggere le primavere di altri cuori e la consolazione di trovarvi riparo e conforto.


Vestite della mia voce soltanto, sono in questa sezione riunite le voci cui devo l’impulso tardagostano a sbrinare almeno le corde vocali. È un abito schietto come il gelo patito, il loro, qui. Ma è il tessuto più prezioso che il mio cuore – grato per tepore e calore ricevuti – è capace di tessere oggi.


Voci di donna: intensa come il timo, Antonia Pozzi; schietta come il vino buono, Mariangela Gualtieri; Alda Merini, tutta ombre e ciclamini, cancelli e rose; e Silvia Panigada, sferzata di salsedine e grido di gabbiano.


Voci maschili: la vita che non si può sciupare di Konstantinos Kavafis; le icone incendiate e il lusso ovattato di Henrik Norbrandt; l’amico malato di Franco Arminio; il padre amato e la lucente sorella di Pierluigi Cappello; e Pietro Carmina, con i suoi cari ragazzi.


Le letture da Antonia Pozzi (e per Antonia Pozzi) sono dedicate a Valerio, che me l’ha fatta conoscere. Fa eccezione quella d’apertura, per Franca, che è la sorella che la vita mi ha regalata fuori dal focolare dei miei lari.


L’Ulisse di Silvia Panigada, è per Silvia stessa. Il vento e il mare, l’altro e l’oltre cui sempre mi invita il suo giovane cuore, chiamano anche il suo giovane cuore. La mia dedica è la mia preghiera: vento e mare; altro e oltre.


Dedico il mio Kavafis a Eugenio, nel ricordo di una luminosa mattina di luglio in cui ci siamo ritrovati, nella sua Castelleone, a recitare insieme questi versi.


Del gruppo delle poesie di Pierluigi Cappello, la prima è letta per mio padre, Renato, con il cuore di Enea che, per quel che può, porta sulle spalle il suo Anchise. Quella di chiusura, è dedicata a Paolo: gli dice meglio di me, in questa stagione, cosa significa un fiore che canta il suo canto sul mio scrittoio.


Tutte le altre letture, o almeno quelle (e sono la più parte) che parlano di un qualche sentimento potente che è esploso o imploso con tutti i disastri del caso, si portano dietro ruggine e caligine dei miei amori andati. A loro sono indirizzate, con sdolorante gratitudine: senza tanto penare, non avrei mai capito la divinità delle cicale nella follia creativa del baccanale estivo.


Antonia Pozzi, Benedizione 

Antonia Pozzi, Rivelazione 

Antonia Pozzi, All’amato 

Antonia Pozzi, Voce di donna 

Antonia Pozzi, Frammento di lettera ad A.M.C. (Milano, 1° marzo 1932) 

Antonia Pozzi, Anniversario 

Antonia Pozzi, Lettera a Dino Formaggio (Milano, 5 maggio 1938) – Testamento I 

Antonia Pozzi, Per Dino (Milano, inizi dicembre 1938) – Testamento II 

Antonia Pozzi, Per i genitori (Milano, 1° dicembre 1938) – Testamento III 


da Antologia Palatina, in traduzione italiana (biglietto di Antonio Maria Cervi per la tomba di Antonia Pozzi

Vittorio Sereni, 3 dicembre 

Vittorio Sereni, Ma se tu manchi 

Vittorio Sereni, Diana 

Franco Arminio, Antonia 


Mariangela Gualtieri, Ringraziare desidero 

Mariangela Gualtieri, Amore mio 


Alda Merini, Erba dolce 

Alda Merini, Il passo breve delle cose 


Silvia Panigada, Per sempre tuo 


Konstantinos Kavafis, La vita che desideri 


Henrik Norbrandt, Il nostro amore è come Bisanzio 

Henrik Norbrandt, Con la natura 


Franco Arminio, La necessità dell’amore 


Pierluigi Cappello, I vostri nomi 

Pierluigi Cappello, Piove

Pierluigi Cappello, Una rosa


Pietro Carmina, Ai miei ragazzi 



Edizioni di riferimento:

Antonia Pozzi, Poesie, lettere e altri scritti, Milano, Mondadori, 2021; Mariangela Gualtieri, Paesaggio con fratello rotto, Torino, Einaudi, 2021; Alda Merini, Fiore di poesia, Torino, Einaudi, 1998; Konstantinos Kavafis, Settantacinque poesie, Torino, Einaudi, 1992; Henrik Norbrandt, Il nostro amore è come Bisanzio, Roma, Donzelli Poesia, 2000; Pierluigi Cappello, Azzurro elementare, Milano, BUR, 2013; Franco Arminio, Studi sull’amore, Torino, Einaudi, 2022.





Entering the portals of dust

 

Ottobre 2023: con grande ritardo, Persefone si inabissa in Ade nella seconda metà del mese. L’autunno arriva, portando infine il suo giusto freddo e le sue piogge generose. Si ascoltano, con infinito dispiacere, gli echi della troppa violenza che esplode per il mondo, implode dentro di noi (con fragore e pizzicore che, però, difettano del garbo di Eco). Chi se n’è andato e chi se ne va tornano a parlare di strappi dolorosi che fanno la povertà che cresce di chi resta.

D’amore e polvere fu scritta a Liegi nell’estate del 2017, in memoria di Claudio Cremonesi, maestro scultore indimenticato e complice d’un’amicizia silenziosa. Bolla di sapone – sipario-quinta musicale della mia doppia lettura del componimento – è stata composta per chi scrive, nella fiamma dell’ultimo agosto, da Paolo Bottini. Nella prima versione, la melodia è affidata al flauto di Elettra Grandi che, mia bravissima studentessa liceale, proprio in questi giorni si affaccia, con emozione, al suo percorso universitario di grafica. Nella seconda, è lo stesso M° Bottini ad eseguirla all’organo Maineri-Acerbis di San Sigismondo a Cremona.

Es fu scritta nell’estate dei morti del 2017, in un imbrico Belgio dove andavo raccogliendo idee su Claude d’Urfé. Il luminoso ricordo di Lorin Maazel a farsi strada tra la nebbia grigia, allora; la mia voce risuona, oggi, su un’improvvisazione di Paolo Bottini all’organo Lingiardi di Croce Santo Spirito presso Cremona. La composizione – Miraggio nel meriggio – fu registrata dal M° Bottini, insieme ad altre, nel settembre 2011, e antologizzata nel c.d. ispirato al Cantico dei Cantici che abbiamo voluto insieme, per il primo anniversario della nostra festa.

Le altre poesie, dove la mia voce s’eleva sul silenzio, sono state scritte, in tempi diversi per qualcuno, molto amato, che se ne andava. Le ho recitate pensando a Silvia, perché si senta meno sola nella sua elaborazione del lutto.

 

D’amore e polvere (versione prima)

D’amore e polvere (versione seconda)

Es

Estate di San Martino

Il glicine di via Palestro

Solo per harpa – Sei il mio amore





Aspettando la sera


Le parole aiutano a lasciare andare chi va a popolare un firmamento sempre più vasto. Questa sezione nasce nel febbraio 2024 per Franca, che mi è sorella. In Tra sorriso e silenzio (titolo che devo a un ricordo di mio padre, Renato) i miei versi (Finalmente l’alba) e la musica su di essi improvvisata da mio marito, Paolo (il pensiero fisso alla dolce complicità del Sarcofago degli sposi), si sposano nel tentativo di accompagnarla, in punta di piedi, mentre percorre il paese delle lacrime. Il suono che abbiamo licenziato in dittico lo dedichiamo a Mauro, in memoria, e a lei, Franca. A seguire, i fili di melodia e/o afasia che mi porteranno i mesi a venire…


Tra sorriso e silenzio